LEOPARDI
I frattali, come già detto, hanno permesso di spiegare la non casualità delle forme della natura ed hanno quindi permesso all'uomo di non sentirsi più schiacciato dalla stessa, anzi di avvicinarsi ad essa per oltrepassarla e vederla esclusivamente come qualcosa di piacevole e benigno.
Uno tra gli autori più importanti di fine '800, che, pur non conoscendo la teoria dei frattali ha visto nella prima parte della sua vita la natura come figura benigna, che ha permesso all'uomo di vivere in maniera felice, è Giacomo Leopardi. Egli, oltre ad essere uno scrittore, viene considerato da quasi tutti i critici contemporanei un filosofo; egli, infatti ha elaborato, nell'arco di tutta la sua vita, delle teorie riguardo il rapporto che l'uomo ha, ed ha avuto, con la natura.
Tutte le sue teorie si basano sulla teoria del piacere.
La teoria del piacere vede ogni uomo impegnato nel cercare di soddisfare un piacere universale, che secondo Leopardi è insoddisfabile.
Per ottenere questa fantomatica felicità, l'uomo cerca di appagare dei piaceri terreni, effimeri che però lo rendono felice solo per poco tempo, in quanto, messi a confronto con la felicità universale, viene sminuito il loro valore e si prova, ancora una volta, un senso di insoddisfazione ed infelicità.
Di conseguenza, l'uomo, sembra essere destinato all'infelicità, che verrà meno solo con la morte.
Questa teoria è anche alla base di altre due teorie:
- Pessimismo storico
- Pessimismo cosmico
Non appena elaborata la teoria del piacere, Leopardi, si cimentò subito nel ricercare, nella storia dell'umanità, un popolo che avesse vissuto felicemente, e pensò subito al mondo classico. Capì che le popolazioni del mondo classico, cioè dei Greci e dei Romani, erano riuscite a vivere serenamente nella loro epoca solo grazie alle illusioni, esse, infatti, erano fuggite dal quotidiano attraverso l'immaginazione, erano vissute nella totale assenza di ragione e si erano rifugiate proprio nell'irreale e nell'immaginario.
Questa felicità, però, era venuta meno non appena la ragione era entrata nella loro vita. Proprio grazie alla ragione, poterono infatti capire che quella in cui vivevano era solo pura finzione e furono quindi travolti dalla bruta realtà del quotidiano.
Da questa teoria, chiamata PESSIMISMO STORICO, deriva che la natura è benigna, perché dà la felicità, mentre la ragione è maligna perché permette all'uomo di arrivare a capire che il mondo in cui viveva non era reale, ma immaginario.
Essendo lui in un periodo in cui la ragione era alla base di ogni cosa, cadde, negli anni che vanno dal 1822 al 1825, in una profonda depressione, causata anche dalla convinzione di vivere in un'epoca non adatta alle sue idee, in un'epoca in cui i poeti moderni imitavano i classici.
Il pessimismo storico, infatti, lo portò alla conclusione che la vera poetica era quella del mondo classico, perché frutto delle illusioni, e questa concezione lo incentivò a criticare i poeti moderni (classicisti) che cercavano di imitare i poeti del mondo classico.
Egli credeva che la poesia dovesse essere introspettiva, filosofica e psicologica e dovesse, solo in alcuni tratti, rievocare la poesia del mondo classico. Per questo motivo la vera poesia, per Leopardi, diventa la poesia della Rimembranza e dell'Indefinito. Dell'indefinito perché rievocando autori e poeti del mondo classico, non si poteva pretendere di ricordare e quindi rievocare eventi ed opere non più esistenti senza commettere anche un piccolissimo errore.
Dopo la crisi depressiva, questa concezione della natura benigna svanì e l'autore/filosofo elaborò una nuova teoria che stravolse completamente la vecchia: il PESSIMISMO COSMICO.
Leopardi si era accorto, tramite l'osservazione della natura stessa, che essa ha come obiettivo la conservazione dell'universo. Essa osserva, esattamente come uno spettatore, la vita di ogni uomo e non interviene in nessuna maniera per aiutarlo.
Tutti gli elementi della natura sono soggetti ad un ciclo perenne di
- nascita,
- crescita,
- morte e
- trasformazione.
Durante la crescita l'uomo soffre, piange e si dispera, ma la natura è indifferente a tutto ciò, quindi da benigna, essa diventa maligna.
Ciò che però ha permesso all'uomo di percepire questa concezione maligna della natura, è stata la ragione, che da maligna diventa benigna.
L'opera in cui l'autore descrive questi due aspetti della sua filosofia è "Lo Zibaldone"; essa, più che un vero e proprio componimento è una raccolta di appunti che l'autore ha scritto lungo tutto l'arco della sua vita e nella quale espone anche le sue teorie.
In quasi tutte le opere di Leopardi si può notare una certa esaltazione del suicidio come ultima via di scampo, si pensi a "Bruto Minore" o all' "Ultimo canto di Saffo"
Una delle più belle poesie scritte nel periodo in cui era convinto che la natura fosse benigna è "
L'infinito"